Come pensate di aver fatto nel 2015?

Lo spunto per il post della settimana è la domanda che il Presidente dell’azienda in cui lavoro ha fatto oggi in occasione della riunione mensile di presentazione dei risultati aziendali:
“Come pensate di aver fatto nel 2015?” La domanda è stata posta singolarmente ai responsabili delle aree: amministrazione, vendite, operations e marketing e sviluppo mercati. Ognuno ha risposto con la propria sensibilità, con riflessioni che racchiudevano 12 mesi di successi ed insuccessi, che comunque ci porteranno a chiudere in modo positivo il 2015,  rispetto all’anno precedente .
Ma questa domanda mi guida a tre riflessioni che voglio condividere:
1)      La domanda, il valore del tempo ed il peso del giudizio
2)      La costruzione della risposta e le sfaccettature dei singoli punti di vista
3)      Non basta una risposta ma una proposta
La domanda, il valore del tempo ed il peso del giudizio
La domanda apparentemente semplice è uno di quei quesiti a cui per rispondere in modo compiuto sarebbe necessario riflettere per una giornata intera e la risposta potrebbe richiedere ore di soliloquio. Ma così come oggi non c’era tempo di riflettere e di parlare per ore, così tutti i giorni dobbiamo trovare la concentrazione di riassumere in poche parole fatti evidenti e di trarre conclusioni veloci ma non per questo non efficaci. Non si deve investire solo tempo a pensare, bisogna agire anche a costo di sbagliare. La domanda tutt’altro che banale ci interrogava su un giudizio di merito anche sul nostro operato, che quando si era piccoli era compito dei genitori o degli insegnanti, oggi da uomini adulti e soprattutto da professionisti  è compito nostro!  Il giudizio a mio parere è molto semplice non può essere bene o male ma si divide in 3 gradi: bene (molto e abbastanza sono inclusi), sufficiente, insufficiente.  Tutto il resto è complicazione di cose semplici.
 La costruzione della risposta e le sfaccettature dei singoli punti di vista
Con riferimento ai 3 giudizi tutti possiamo attribuire un valore al nostro operato, che però non può e non deve limitarsi ad un giudizio personale su noi stessi come singoli individui, ma deve sempre collocarsi  nella sua funzionalità all’interno dell’azienda.  Si  potrebbe operare in modo eccelso come singolo, senza per questo essere un valore aggiunto per l’azienda (se la concentrazione delle attività viene posta in ambiti non strategici) o peggio potrebbe acuire conflitti o creare difficoltà (se l’azione non è in linea con le direttive aziendali). Quindi il giudizio è per sua natura una sintesi organica dei giudizi sui singoli.
Non basta una risposta ma una proposta
La teoria è bella e la poesia è affascinante, ma poiché molti fra quelli che leggono lavorano in azienda ed il 2015 è vero che sta per terminare, ma altrettanto vero è che sta per iniziare un nuovo anno, ritengo che ad una domanda come quella di stamane (che suggerisco a  chi legge di proporre al proprio team) debba seguire da subito una proposta per il 2016. Proposizione che è figlia della riflessione fatta per il 2015, facendo tesoro delle cose andate bene, ma soprattutto di quelle andate meno bene.  Proposta che deve diventare la base di miglioramento, la nostra linea guida per il nuovo anno, consapevoli che alla fine del 2016 dovremo nuovamente rispondere alla fatidica domanda:
“Come pensi di aver fatto nel 2016?”.
Allora avremo il vantaggio di aver fatto questa riflessione adesso e se durante l’anno sapremo essere coerenti, decisi e costanti potremo dire: “Bene perché mi ero proposto questo obiettivo e l’ho raggiunto”.

Senza false retoriche siamo tutti consapevoli che anche facendo bene, potremo sempre fare meglio…. Ma perché dovremo farlo?… Io rispondo personalmente che fare male è facile, come fare bene non è facile, ma in compenso da un’enorme soddisfazione!

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Questo articolo ha un commento

  1. thomas ronzan

    come sempre efficace nelle riflessioni. Ciao Alessandro!

I commenti sono chiusi.

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