Due rette parallele si incontrano?

Questa settimana durante un incontro in cui dovevo presentare la verifica rispetto ad un progetto avviato alcuni mesi fa sono stato definito un: ”manipolatore di numeri”. La prima reazione superato lo stupore iniziale per la definizione professionalmente molto offensiva è stata quella di reagire in malo modo. Recuperata la calma ho tentato di spiegare come i numeri presentati fossero frutto di una serie di assunzioni condivise ancora 2 anni fa. Purtroppo i miei interlocutori erano in posizione ostativa e quindi hanno continuato a ribadire la loro posizione, senza voler ascoltare le basi ed i presupposti dai quali nascevano le mie analisi. Alla fine dell’incontro ognuno con le proprie convinzioni, in me è rimasta l’amarezza per un giudizio ricevuto, gratuito e senza fondamento.
Ho così ripensato ai numeri ed alla loro funzione di supporto rispetto alle decisioni:
1)      I numeri per loro natura sono rappresentativi di una unità di misura e sono frutto di operazioni algebriche che non lasciano spazi interpretativi, la logica stessa quando interferisce con i numeri presenta risultanze certe ed anche operazioni molto complesse come quelle “al limite” trovano esiti dimostrabili e verificabili. (due rette parallele non si incontrano mai nella geomeria a due dimensioni, ma se considero l’iperspazio dove la terza dimensione è la direzione, anche due rette parallele si incontrano).
2)      I numeri sono utilizzati per il supporto delle decisioni e quindi si usano per dimostrare o confutare tesi, lo stesso risultato però a seconda del contesto può avere esiti diversi (un valore aggiunto del 10% può essere un’ottimo risultato per un’azienda mentre deprecabile per un’altra)
3)      Nelle operazioni, soprattutto quelle complesse le valutazioni si basano su parametri che vengono fissati prima di procedere all’esecuzione degli algoritmi di calcolo ( a fronte di un ritorno su un investimento di 2 anni alcune operazioni potrebbero essere bocciate ed altre approvate).
Detto questo i numeri sono certi, ma combinandosi in un ambiente reale dove le ipotesi e le variabili in gioco sono molte, la loro comprensione ed interpretazione può generare discussioni infinite.
Quindi alla fine mi sono chiesto, ma perché sono stato definito “manipolatore” pur non sentendomi affatto tale?
1)      I miei interlocutori non hanno minimamente considerato le ipotesi di partenza dal quale si generavano i numeri che sono stati esposti (erano state scritte, ma forse non in modo esaustivo e questo meglio tenerlo a mente per il futuro).
2)      Chi mi ascoltava non aveva la percezione dei parametri di interferenza che intervenivano nel  calcolo, né di come si verificavano (variabili che avevano inficiato i risultati nel breve, ma nè confermavano la validità nel lungo periodo).

Parlare lo stesso linguaggio, partire dalle stesse basi, chiare, spiegate e “digerite”, poi c’è sempre qualcuno che non vuole ascoltare e c’è sempre qualcuno che può dire che sia impossibile che dure rette parallele si incontrino.

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