Osservavo in queste settimane i miei figli, che dopo la fine della scuola si trovano inevitabilmente a passare molto più tempo assieme e di conseguenza ad aumentare notevolmente il loro grado di complicità, non solo nelle loro naturali marachelle da bambini ma anche nell’eseguire alcuni compiti che gli vengono dati. La complicità appunto di cui non voglio scrivere del significato negativo che sottintendo alla parola partecipazione attiva o secondaria, nell’esecuzione di un’azione criminosa o moralmente riprovevole, ma di quella che invece sottende all’aiuto ed alla connivenza in azioni, comportamenti o fatti (anche professionali).
In azienda è molto difficile trovare la complicità che invece risulta naturale, fra amici, fratelli o compagni di scuola. Ritengo però l’intesa dei complici un atteggiamento che se sviluppato in maniera intelligente ed accurata può portare a risultati veramente efficaci. La complicità ad esempio è quella che si utilizza nell’applicare la tecnica di negoziazione che si usa in vari ambiti “good and bad coop” (poliziotto buono e poliziotto cattivo) dove appunto i “poliziotti” alternando il loro intervento cercano di ottenere il massimo dal loro interlocutore.
Ma vediamone in dettaglio i vantaggi?
– Un atteggiamento di complicità permette di portare avanti una strategia, un piano, una trattativa in modo molto proficuo, perché permette di sfruttare le doti di ognuno in modo efficace (sarà il tecnico ad affrontare la parte relativa alle specifiche di prodotto ed il commerciale a prendere possesso invece della discussione economica).
– La complicità consente ai complici alternativamente (quando non direttamente coinvolti nella conversazione) di prepararsi allo step successivo, aspettando il momento opportuno per inserirsi nel dialogo curando attentamente i particolari del proprio intervento.
– La complicità permette di adeguarsi all’interlocutore con il quale ci si deve confrontare lasciando più spazio all’attore più idoneo.
La complicità non a caso spesso molto accentuata fra soggetti molto legati da un punto di vista affettivo (fratelli, amici, una coppia) non è così facile da raggiungere con i propri colleghi perché:
– Richiede una profonda conoscenza e soprattutto il comune riconoscimento dei punti di forza e debolezza.
– Richiede un’alternanza di azioni e di interventi che non devono mai apparire non coordinati, ma sempre in linea e coerenti con il messaggio generale che si vuole passare.
– Richiede una grande capacità di ascolto nel captare sia dall’interlocutore sia dal complice messaggi che potrebbero generare la decisione di un intervento piuttosto che di un silenzio.
Nella esperienze lavorative vissute ho avuto la fortuna di trovare più di una volta un collega, un capo, un collaboratore con i quali si è creata questa complicità, che ha generato non soltanto successi nelle trattative, nelle azioni commerciali o nei progetti che sono stati realizzati, ma si è anche trasformata in amicizie che durano ancor oggi, anche se sinceramente devo dire che la complicità dei miei figli in alcuni momenti mi sembra davvero irraggiungibile!