Venerdì 3 agosto, ci sono alcuni giorni, come questo in cui la fatica si fa sentire. Fatica fisica dovuta al caldo, fatica mentale legata al congestionarsi di obiettivi che spesso si pongono prima di un periodo di riposo. Fatica anche legata anche e comunque alla difficoltà nel raggiungere i risultati che ci siamo impegnati a portare piuttosto che quelli che ci renderebbero tutti felici.
Spesso la fatica è vista negativamente, ma forse complice la giornata positiva di oggi mi piace sempre rileggerla in positivo e in questo mi aiuta il significato fisico della parola fatica, che appunto contraddistingue uno stato che un corpo raggiunge (sia in meccanica che in acustica) dopo essere stato sollecitato con vibrazioni dinamiche o vibratorie.
Quindi la fatica non come sensazione e stato fisico fine a se stesso ma come condizione che si verifica a seguito di un lavoro ed o ad un’azione continua. Ma quali sono le ragioni per cui vale la pena faticare:
1) Solamente attraverso la fatica si ottengono risultati che non sarebbero altrimenti raggiungibili: si pensi all’allenamento per l’atleta, piuttosto che le ore di cammino per uno scalatore, ma anche alle tante visite o telefonate che si debbono fare ad un cliente per ottenere un acquisto.
2) Uno stato di fatica può anticipare uno stato di grande gioia: si pensi al ciclista al termine di una tappa di montagna, ma anche ad uno scrittore alla fine di un libro, piuttosto che ad un venditore alla fine di una lunga presentazione prodotto ad un team di utilizzatori.
3) Faticare è un modo per misurare i propri limiti per capire quali potrebbero essere i nostri ambiti di miglioramento: nella corsa o camminata mattutina dove diventa un chiaro sinonimo del nostro stato fisico, piuttosto che nella comprensione in una conversazione con un cliente straniero che ci dice chiaramento se il nostro esercizio è stato più o meno sufficiente.
Un aspetto non propriamente positivo è che tanto nella vita di tutti i giorni quanto al lavoro non sempre la fatica serve a qualcosa e spesso ci fermiamo per dirci: “ma vale la pena faticare così tanto per non ottenere nulla in cambio?”. Se lo sarà detto Nibali al recente Tour de France quanto per una banale caduta è dovuta ritirarsi, così come i meccanici della Ferrari dopo l’errore di Vettel al Nurburing. Più banalmente me lo chiedo io alcuni giorni dopo aver provato in tutti i modi a convincere senza successo un cliente a provare i nostri prodotti. La forza come detto sta nella resilienza alla fatica, ovvero nel trovare il modo perché anche la fatica con poco successo diventi un modo per migliorare, per fare le stesse cose con minor dispendio di energia piuttosto che di aumentare il livello qualitativo di quello che facciamo.
Ed alla fine penso che comunque per citare un antico proverbio di Lorenzo de medici: “Alla fine chi la dura la vince!”.