Perdere fa bene

Scrivo nel volo di rientro da Valencia dove sono stato questa settimana al Cevisama (la fiera spagnola di riferimento per il mercato della ceramica), ma lo spunto del mio blog dalla sconfitta maturata ieri nella partita di coppa Italia della Juventus contro l’Atalanta (3-0 per i bergamaschi).
L’allenatore della Juventus intervistato dopo la partita ha dichiarato, che i segnali di qualcosa che non andava erano chiari già da qualche tempo, ma la dea bendata era sempre corsa in aiuto della squadra e le vittorie pur non pienamente meritate avevano nascosto i problemi che invece c’erano.
Ho subito pensato che candidamente il mister stava dicendo, che la sconfitta era in qualche modo necessaria! e faceva bene! Forse era diventata l’unico modo per mettere alla luce alcuni aspetti che non andavano per il meglio, che le vittorie mascheravano. In sintesi, era meglio perdere oggi per poter vincere domani.
E’ sempre interessante traslare questi episodi sportivi nell’ambito aziendale, dove come nello sport le vittorie e le sconfitte si alternano nel corso della stagione per determinare un’azienda di successo da una mediocre. Mettendo subito in chiaro che come nello sport può essere di successo una squadra dilettantistica che primeggia per stile e risultati anche se a livello locale, nel mondo aziendale non bisogna essere nella TOP 500 di Fortune per essere un’azienda di successo.
Ma che si sia una realtà molto grande piuttosto che una molto piccola perché è bene perdere?
Classifichiamo brevemente per comodità le sconfitte “aziendali”:
– un cliente che ci manifesta la volontà di non acquistare più da noi
– un collaboratore importante che si licenzia
– un potenziale cliente che sceglie il nostro competitor
– un prodotto che non funziona bene
– un processo che “salta”
Tutte queste tipologie di sconfitte si manifestano solitamente a seguito di processi od eventi che non sono stati opportunamente gestiti:
– Un cliente che ha trovato un prodotto più conveniente e prestazionale del nostro
– Un collaboratore a cui viene offerto un lavoro molto più stimolante e migliori prospettive professionali
– Un potenziale cliente che ha maggiori garanzie dal nostro competitor
– Un prodotto il cui uso non è stato sufficientemente illustrato
– Un processo che non è codificato in modo coerente e preciso
Tutti i giorni manager e dipendenti cercano di intercettare e lavorare su centinaia di situazioni come queste per evitare le sconfitte, ma la tabella delle priorità è dettata sempre più dalle contingenze che da quello che è veramente più importante.
Quando arriva una sconfitta, di cui non si è mai padroni né dei tempi tempi né dei modi in cui si manifesta, si è costretti a “guardare dentro”. Diventa necessaria quella fase di autocritica che costruttivamente deve diventare poi pianificazione, esecuzione e controllo di una serie di attività perchè in situazioni analoghe si possa vincere invece che perdere.
In alcuni casi esasperando è bene anche “forzare” delle partite, sapendo in anticipo che andranno perse, (n.d.a. meglio ovviamente non si tratti della finale di champions league) per evidenziare i limiti ed imporre azioni di miglioramento, che altrimenti sarebbero indefinitivamente procastinate.
Lo sport ed anche l’azienda danno l’occasione unica di poter affrontare un’altra partita anche dopo la sconfitta più cocente, dove si potrà essere più forti e dimostrando che perdere può fare bene.

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Questo articolo ha un commento

  1. Tiziano Baldo

    Quello che fa di un manager/imprenditore “un vincente” è l’esperienza e la capacità di non fare errori. Ma come si impara a non fare errori? Paradossalmente facendone……ma non ripetendoli!
    Quindi, qualsiasi siano le cause di un fallimento, e ce ne sono tante, l’importante è saperlo analizzare criticamente per prenderne coscienza e non nascondere la testa sotto terra o attribuire le copie ad altri, perché questo è l’anticamera del fallimento…totale!

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