The Underdogs

Questa settimana in visita in azienda un cliente straniero ha espresso un concetto che mi ha molto colpito.
“People love underdogs”…  La gente ama chi parte sfavorito. Quante volte abbiamo assistito nel mondo sportivo a stadi o palazzetti stipati di pubblico ad incitare la squadra più debole, che spesso grazie anche al supporto di persone inizialmente neutrali riesce nell’impresa di battere il più forte contro ogni pronostico. Il mondo del calcio ha vissuto giusto quest’anno la favola del Leicester, vittoriosa nel campionato di calcio più famoso del mondo (quello inglese) a dispetto di squadre con capitali enormemente maggiori (Il Chelsea del russo Abramovic, Il Manchester City degli arabi ed il Manchester United di proprietà di una oscura finanziaria del Delaware) ma ogni sport anche il meno noto vive di queste spesso (per fortuna) di queste favole.
Anche il mondo aziendale non fa difetto e pullula di aziende sfavorite o “perdenti” hanno saputo negli anni ricavarsi spazi do leadership: nel mondo informatico abbiamo Apple inizialmente una pulce rispetto al colosso Microsoft, nella telefonia mobile agli albori al “piccolo” Omnitel (Vodafone) contro il gigante Tim e negli smartphone al neonato Samsung degli anni 2000 contro Nokia e Blackberry.
Il contesto economico del nord-est ha visto nascere e prosperare tantissimi “underdogs” che si trovano a competere nel mercato globale, contro giganti tedeschi, americani e asiatici. Una sfida che non impossibile perché:
1.       Chi non parte come vincente è consapevole di doversi giocare tutto, alcune volte anche la propria esistenza, ed ha quindi un atteggiamento meno arrogante, più propenso all’ascolto ad adattarsi alle esigenze del cliente, con minor rigidità rispetto a chi sa invece di aver partita facile, solo per il fatto che ha già “vinto” tante volte.
2.       Lo sfavorito sa che per competere deve studiare al meglio il proprio avversario, deve comprendere i punti di forza, che vanno come minimo eguagliati se non migliorati e soprattutto i punti di debolezza che invece sono le brecce dove potersi incuneare per avere speranze di successo.
3.       Chi non ha i favori del pronostico sa che per poter ambire alla vittoria deve lavorare di più del favorito, con maggior dedizione, con maggior concentrazione, con maggior intelligenza, con maggior fantasia.
Molte volte non è possibile realizzare tutto questo perché le risorse che ha a disposizione chi si trova in posizione dominante sono superiori a quelle dello sfavorito, che non può permettersi investimenti faraonici, che deve dedicare magari una singola persona contro un team di lavoro che invece può mettere in campo il leader di mercato.
C’è però un elemento fondamentale a favore degli underdogs, la partita, la sfida non è istantanea ha una sua storia ed un suo evolversi e se per qualche ragione, coincidenza o particolare abilità, lo sfidante riesce a mettere in difficoltà il favorito… ecco che cambia “il vento”; l’ambiente, le persone, gli addetti ai lavori cominciano a tifare per lo sfavorito ed inevitabilmente alimentano le speranze e le forze degli Underdogs. L’inerzia cambia, la partita si fa vera ed anche se non dovesse arrivare la vittoria, nasce nello sfidante la consapevolezza del “potercela fare” stimolo impagabile per prepararsi ancora meglio ad una nuova sfida.

Per i tanti “Underdogs” che come me calcano le strade e gli areoporti del mondo un grande in bocca al lupo. The people love us!!!

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