Piu’ importante cosa si dice o come lo si dice?

Scrivo durante un volo di trasferimento da Denver a New York. Questa settimana ho partecipato all’annuale meeting di strategia che la nostra consociata americana ha organizzato con il proprio team di vendita. Quando partecipo a questi incontri ho spesso modo di notare interessanti differenze fra il modo di pensare americano e quello europeo. Una sessione del nostro incontro verteva sul trasferire al team alcuni spunti per comunicare al meglio la vision e la mission aziendale durante i workshop, che chiediamo loro di organizzare in continuazione con la forza vendita dei nostri distributori, con i loro clienti e con i general contractor e gli architetti. Il nostro presidente americano insisteva sull’elaborare un messaggio semplice, unico e forte indipendentemente dall’audience a cui si comunicava. Chiesto il mio parere sull’argomento sono intervenuto sostenendo come dal mio punto di vista invece il messaggio necessitava di una forte modulazione in base al pubblico che si aveva di fronte (non posso dire le stesse cose ad un architetto piuttosto che ad un posatore messicano), con mia sorpresa il nostro presidente invece di accogliere la mia osservazione ha ribattuto sottolineando come cosi’ facendo il messaggio da comunicare rischiava di perdere la sua valenza e la sua forza. Passati alcuni secondi di disorientamento, mi sono ripreso e devo dire che effettivamente aveva ragione, pensando troppo a chi ci ascolta rischiamo di perdere di vista il messaggio e di sacrificare il suo significato per paura di essere diretti anche magari con affermazioni che non sono percepite nella loro interezza.
Voglio pero’ cercare di sintetizzare la cosa perche’ a mio modo di vedere e’ molto interessante. Quando comunico ad una platea e’ piu’ importante quello che devo dire o chi mi ascolta?
Alcune riflessioni sui partecipanti:
  1. E’ evidente che nel caso dei nostri seminari chi vi partecipa e’ in qualche modo interessato od obbligato a parteciparvi. Quindi difficilmente corro il rischio (a meno di assurdita’ evidenti) che il partecipante si alzi e vada via.
  2. Mediamente il livello di ascolto e’ basso appunto perche’ se in qualche modo obbligati, il telefono e la mail sono un diversivo facilmente attivabile.
  3. Posso sempre catturare l’attenzione con qualche stratagemma comunicativo, molto piu’ semplice se i partecipanti sono pochi, ma non necessariamente devo utilizzarlo per comunicare le cose importanti.
  4. Comunque chi partecipa puo’ apprendere qualcosa se chi comunica e’ in grado di trasferirlo.
Molto dipende quindi dal messaggio:
  1. Piu’ il messaggio che si deve trasmettere e’ chiaro ed univoco maggiori sono le possibilita’ che questo messaggio si trasmetta e trovi convergenza fra persone diverse che lo ricevono in momenti diversi. (Si pensi al fatto di un architetto ed di un general contractor che per una soluzione pensino all’azienda X perche’ ad entrambi e’ rimasto in mente che e’ l’azienda che fa A, B, C.)
  2. Anche durante un meeting molto lungo, i concetti fondamentali da comunicare devono essere concisi e brevi, facili da ricordare. (Di aiuto sono gli esempi che derivano dal vissuto quotidiano attraverso i quali gli interlocutori che si hanno di fronte possono calarlo nella loro vita reale).
  3. L’univocita’ del messaggio (anche nelle parole) e’ utile per l’interlocutore ma e’ anche fondamentale per chi lo comunica, perche’ contribuiscono a creare consapevolezza e sicurezza elementi fondamentali nella persuasione di chi ascolta.
Detto tutto questo e convinto ovviamente che il messaggio da comunicare prima di tutto deve essere vero, ritorno da questo viaggio:
  1. Cercare sempre di esprimere concetti semplici, che non hanno bisogno di essere “tradotti” in base all’audience che ci ascolta.
  2. Utilizzare una comunicazione univoca per convincere prima se stessi e poi gli altri di quello che si dice.
  3. Concentrarsi maggiormente sul messaggio che sul pubblico, se si e’ convincenti lo si e’ prima di tutto per il contenuto… la forma viene dopo!
Simple is better!

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