Copiare

In volo da Milano ad Amsterdam leggevo un articolo interessante che parlava dell’arte di “copiare bene”.
Il mio pensiero e’ andato subito ai tempi della scuola, quando “copiare” era un vocabolo abbastanza utilizzato fra studenti. Si copiavano i compiti in classe, le ricerche ed i compiti per casa. 
Quando eravamo investivi in un attivita’ che richiedeva una nostra elaborazione non soggettiva, ma una risposta precisa, essa fosse un numero, un concetto od una serie definita di processi logici o matematici le scelte erano 2:
  • elaborare una propria risposta
  • copiare la risposta da una fonte piu’ attendibile rispetto a noi stessi (un libro od un compagno).
Due scelte sulle quali dalle quali dipendevano i nostri voti, una promozione, una bocciatura, le vacanze sui libri o con gli amici al mare!
La prima strada era sicuramente la piu’ difficile perche’ richiedeva una preparazione ed una comprensione della materia, la seconda era molto piu’ facile nell’esecuzione ma difficile nel reperimento della fonte che se scoperta avrebbe compromesso in modo irreparabile il risultato.
Non nego di aver in qualche occasione utilizzato anch’io qualche fonte di supporto, ma trovavo estremamente frustrante il copiare, perche’ a meno di non avere a disposizione il libro di testo non sopportavo il fatto di dover in qualche modo dipendere dai risultati degli altri e quindi preferivo di gran lunga confrontarmi sull’esattezza dei miei risultati o del processo piuttosto che riscrivere qualcosa fatto da altri.
Pensavo al parallelismo nel mondo lavorativo appunto della parola “copiare”. Per chi si occupa di marketing penso non sia raro trovarsi con i colleghi a studiare nuovi prodotti e nuove soluzioni per il mercato di riferimento, dove esistono gia’ sistemi pensati e realizzati da aziende concorrenti.
Ma in azienda si puo’ copiare?
La scelta di copiare un prodotto dipende secondo me da 3 elementi fondamentali da analizzare in sequenza:
a. la presenza di brevetti 
b. la velocita’ con cui si vuole uscire con il prodotto sul mercato.
c. la percezione che il mercato ha del prodotto copiato e dell’azienda che copia.
Analizziamo la situazione in cui non esistono brevetti:
Se si necessita di una risposta veloce da dare al mercato bisogna capire dove  il prodotto e l’azienda si vogliono posizionare nel mercato, con la consapevolezza che un prodotto identico ai concorrenti ha solamente la leva economica del prezzo, a meno che il prodotto non sia un elemento necessario per l’offerta di gamma. (ma in questo caso preferisco vendere un prodotto di altri piuttosto che copiare!)
Se invece non ho una necessita’ stringente di arrivare al mercato in tempi brevi, penso che la soluzione migliore sia una soluzione proprietaria (magari brevettabile) che si distingua da quella dei concorrenti e possa ispirare comparazioni qualitative e funzionali piuttosto che economiche.
La situazione apparentemente piu’ complessa e’ quella dove esistono i brevetti, che necessita di una lunga analisi preventiva per studiare le soluzioni “protette” e costringe le aziende a trovare risposte nuove a problemi noti e attingendo ad ogni fonte disponibile (fornitori, studi, analisi, brainstorming, interviste) per superare il problema.
E’ una situazione simile a quello che succedeva a scuola, quando durante il compito il professore ti diceva:
“tu vieni in primo banco spostandolo a ridosso della parete… il tuo compito lo farai li’”. In quel caso non era possibile copiare, il tempo non era molto, ma quando si aveva fatto per bene il lavoro preparatorio a casa il risultato non poteva essere negativo.

A scuola poi il risultato lo dava un insegnante, che se non si accorgeva di chi copiasse lo premiava comunque,  in azienda, chi giudica non e’ uno ma sono molte persone, ognuna con punti di vista diverse, a volte anche divergenti, molto attente anche a chi copia, un giudice implacabile anche per i copiatori: il mercato!

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